Il Mercato Immobiliare ed il contagio da Corona Virus



Le previsioni parlano di una perdita pari a 20 miliardi per l' anno 2020...

Quali saranno le ripercussioni economiche del virus e quali conseguenze avranno sul mercato immobiliare?

L' impoverimento prodotto da questo stop coatto, quanto inciderà sul potere d' acquisto di un immobile o sulla possibilità di affittarlo?

Queste sono le domande che da settimane mi ripeto ogni giorno e alle quali oggi cercherò di rispondere dati alla mano.
Visite virtuali e acquisizioni online non potranno colmare il duro colpo che il mercato immobiliare si prepara ad incassare dovuto all’emergenza sanitaria che il nostro Paese vive a causa del coronavirus.

Il settore residenziale rappresenta la fetta maggiore del nostro mercato ed in questo ambito, data la chiusura delle agenzie per decreto, si attende un calo importante delle compravendite e in un secondo momento  forse anche quella dei prezzi.
I vertici di Nomisma hanno presentato il 25 marzo la fotografia e le previsioni sul settore, in una diretta streaming che da sola racconta la situazione di isolamento che stiamo vivendo.



La rappresentazione che ne esce è a tinte scure e sovrappone immagini diverse in base allo scenario che potrà realizzarsi. Archiviato quello pre-virus, ormai superato, restano due scenari negativi, più o meno pessimistici.

In sostanza da Nomisma si aspettano un calo delle compravendite residenziali tra le 40mila e le 110mila unità rispetto alle 603mila vendite del 2019, che in termini di fatturato significano da 9 a 20 miliardi in meno di volumi nel 2020. Senza coronavirus Nomisma si attendeva 613mila transazioni quest’anno.
«La situazione già da qualche mese presentava alcune difficoltà - spiega Luca Dondi, amministratore delegato di Nomisma -. La componente certa di acquisto immobiliare si era ridotta a 500mila famiglie, ma rimaneva una quota significativa di domanda potenziale, due milioni di famiglie che avrebbero potuto acquistare. Al momento frenate dalla debolezza economica».
A supportare la domanda sono stati gli acquisti per investimento, arrivati al 15% delle compravendite e volti a sfruttare il buon momento degli affitti brevi. Una domanda, quella per mettere a reddito gli immobili, tornata dal 2018, grazie allo sgonfiamento dei prezzi degli anni precedenti, ma che si avvia a ridursi drasticamente.


In una prima fase i prezzi non dovrebbero seguire il calo delle transazioni. «Nel nostro Paese i prezzi mostrano sempre una certa rigidità - dice Dondi -, che oggi potrebbe essere negativa perché ingesserebbe il mercato». Le quotazioni registreranno flessioni medie tra l’1,1% e il 3,1% nel biennio 2020-2021 (sul 2019). Per il 2022 Nomisma stima una flessione dei valori in timida attenuazione.
Ci sono città che riusciranno a mantenere fermi i prezzi? «L’impatto del contagio sulla Lombardia toglie a Milano i vantaggi avuti sinora - dice ancora Dondi -. L’impatto sull’economia sarà consistente ovunque. È chiaro che Milano ha molte risorse da mettere a frutto e capacità di ripartire prima degli altri quando sarà il momento».
Il quadro che si profila evidenzia un contrasto stridente con i risultati registrati da Nomisma nel 2019, che restituivano un generalizzato miglioramento rispetto al passato.
Gli scenari che si prospettano all’orizzonte devono tenere conto anche della situazione economica critica. Non basteranno le App messe a punto da start up immobiliari per fare vendere tante abitazioni quante l’anno scorso, quando si erano di poco superate le 600mila unità vendute (603mila circa, come citato, nei dati dell’Osservatorio immobiliare dell’agenzia delle Entrate).
Nel triennio che ci aspetta, riguardo al settore residenziale, Nomisma prevede una perdita tra 54,5 e 113 miliardi di euro di fatturato, a seconda dello scenario che si concretizzerà. È chiaro che le pesanti ripercussioni del Covid-19 sull’economia non si estingueranno in pochi mesi. «La ripresa dipenderà dalle strategie che il governo metterà in campo per sostenere i redditi, dalla flessibilità delle banche sul fronte mutui e da come la crisi si rifletterà sull’economia in generale» dice Dondi. Certo è che, come ha spiegato Lucio Poma, capo economista di Nomisma, la pandemia colpisce un Paese che era già debole. «Quasi sicuramente l’Italia andrà in deflazione» dice Poma.
Sono troppe le variabili macroeconomiche per poter immaginare che il settore immobiliare si muova in maniera autonoma dal contesto. Una doccia fredda, dunque, quando il mercato sembrava aver ormai imboccato la via della ripresa con un fatturato stimabile in 98,3 miliardi nel 2019.



La crisi non colpisce solo il residenziale
Oltre al segmento degli affitti brevi, forti sono state già le prime ripercussioni su hotel, negozi e centri commerciali. Nomisma stima contraccolpi decisamente negativi per il segmento degli immobili d’impresa (il segmento non residenziale), che presenteranno un riflesso recessivo diretto e immediato.
«Più controversa appare la situazione degli investimenti immobiliari corporate (complessi cielo-terra di valore superiore a 5 milioni di euro), considerato come essi abbiano presentato un dinamismo eclatante fino a poche settimane prima dello scoppio del Covid-19 - recita una nota -. Nel 2019 gli investimenti corporate nel comparto hanno raggiunto l’ammontare record di 12,3 miliardi di euro». Anche su questo fronte Milano è stata la città con più appeal. Qui sono arrivati il 40% dei capitali impegnati in Italia, oltre il 75% in arrivo dall’estero.
E a chi dice che da questa crisi emergerà una nuova domanda, indirizzata verso case più ampie e con spazi esterni - dopo che la reclusione forzata ha fatto capire agli italiani l’importanza dell’asset abitativo - Dondi risponde che tutto dipenderà dalla capacità reddituale delle famiglie. Se, come ipotizzato nello scenario peggiore, aumenterà la disoccupazione e la crisi economica morderà ancora nel 2021 e nel 2022 è difficile pensare di cambiare casa, a meno che non si verifichi un crollo dei prezzi. E questa eventualità per molti è da escludere.



Fonti
Nomisma
Sole24ore

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